Poche pratiche di promozione, nel panorama editoriale contemporaneo, sono tanto radicate come le presentazioni di libri. Librerie, centri culturali e festival letterari continuano a ospitarle, ma considerata la mole di testi pubblicata ogni anno (più di 85.000 solo nel 2023, secondo il rapporto di AIE), e mettendoci che, nella stragrande maggioranza dei casi, l’onere di organizzare l’evento spetta all’autore, in molti se lo chiedono: vale ancora la pena investire energie e risorse nelle presentazioni dei libri?

In quanti vanno alle presentazioni di libri?

Inutile raccontarsela, i numeri delle presentazioni, nella gran parte dei casi, non sono incoraggianti. Solitamente una presentazione in libreria attira un pubblico scarso, 10-15 persone al massimo, ma è più probabile che le cifre realistiche si aggirino intorno ai 3 o 4 partecipanti (tra cui spesso sono presenti amici, familiari e addetti ai lavori). Non di rado, inoltre, le presentazioni vanno semplicemente deserte, ma è complicato farsi un’idea dei numeri perché gli autori a cui succede, di solito, non lo raccontano.

Organizzazione: di chi se ne occupa?

Molto spesso un autore non ha un ufficio stampa o un reparto di marketing che lo supporta nell’organizzazione degli incontri, ed è costretto a fare tutto da sé. Cosa che comporta un discreto lavoro: si tratta di trovare la location, invitare un pubblico potenzalmente interessato, farsi promozione sui social o tramite altri canali, cercare occasioni, fiere o eventi a cui proporsi.

Se poi la presentazione comporta una trasferta, di rado un autore riceve rimborsi per gli spostamenti fatti (alcune case editrici pagano le trasferte, ma sono mosche bianche). In breve, per come funziona oggi la gran parte delle presentazioni, gli oneri organizzativi spettano soprattutto all’autore, che non viene rimborsato per questo lavoro.

Quanti libri si vendono alle presentazioni?

Purtroppo, a fronte di molto lavoro svolto, il ritorno in termini di vendite è generalmente deludente. Di rado, dopo una presentazione, le librerie registrano picchi significativi nelle vendite del volume presentato, ma in compenso i costi organizzativi rimangono gli stessi, a prescindere dall’affluenza. Al netto di qualche foto da condividere sui social, dunque, le soddisfazioni restano contenute, e il rapporto costi-benefici appare sbilanciato in negativo.  

Ma allora, se le presentazioni attirano poco pubblico e costano tempo, fatica e soldi all’autore, spostando di pochissimo i numeri delle vendite… che senso ha farle?

Risposta (poco incoraggiante): nessuno.

Non con le modalità con cui di solito vengono fatte, almeno.

Perché le presentazioni falliscono?

Ci sono vari motivi per cui molte presentazioni vanno male:

  • Non fanno parte di una strategia. Le presentazioni di libri fatte a caso, senza una minima selezione della location e del pubblico, oppure non inserite in un contesto sensato, difficilmente funzionano.
    Spetterebbe alle case editrici collaborare con i propri autori per individuare librerie, festival e spazi culturali in cui organizzare eventi di promozione con uno scopo chiaro, che possano raggiungere un pubblico interessato, ma si sa come vanno le cose di solito.
    Senza il lavoro strategico, però, la percentuale di fallimento è altissima.

  • Sono noiose. Di solito gli autori parlano di sé, del loro percorso di vita, della trama del romanzo. Ma a meno che non si parli a un pubblico di nicchia (ad esempio se hai scritto un romanzo su un viaggio in Vespa e parli agli iscritti di un Vespa Club), è difficile che un partecipante occasionale senta risuonare in sé quelle parole e le trovi appassionanti.

  • I reading. Nella teoria dovrebbe funzionare come un assaggio delle pagine del romanzo, nella pratica, si rivelano momenti alquanto noiosi, se non addirittura goffi o sgradevoli, specie se a leggere ad alta voce non è qualcuno che sa come farlo in pubblico.

  • Non vengono supportate da una comunicazione adeguata. Molte case editrici, vuoi per mancanza di tempo, vuoi per altri motivi (quelle in mala fede sperano che gli autori ci pensino da soli a farsi da social media manager, da PR e da ufficio stampa), non fanno un lavoro di promozione efficace dei propri autori. Peccato che, in un paese dove si pubblicano 85.000 titoli l’anno, non comunicare (o comunicare male) un evento di promozione significa rischiare di restare invisibili.

Quindi, come si fa a promuoversi?

Partiamo dal presupposto che della promozione di un libro dovrebbe occuparsi la casa editrice che lo pubblica (come dovrebbe occuparsi anche dell’editing del manoscritto, della grafica della copertina, e così via), collaborando insieme all’autore per creare eventi efficaci e coinvolgenti. Ogni editore dovrebbe fare questo lavoro per le proprie pubblicazioni, anche in forma commisurata alle proprie possibilità.

Ma si sa, la realtà editoriale purtroppo è complicata.
Un presupposto da tenere bene in mente è che un autore non dovrebbe mai pagare di tasca propria le attività di promozione perché glielo chiede la casa editrice con cui ha pubblicato. E ripeto MAI.

Detto questo, se uno scrittore desidera investire sulla promozione del proprio libro, magari investendo anche qualche risparmio, perché ci crede e vuole farlo, come dovrebbe muoversi?

In questo caso, anziché puntare su presentazioni fatte in librerie random nella speranza che qualcuno si interessi, potrebbe essere più efficace scegliere una strategia social ben orchestrata.
Un piano che preveda, ad esempio, interviste su podcast affini ai temi della propria opera, booktrailer creativi, videorecensioni, collaborazioni con bookblogger. La visibilità online nella giusta nicchia funziona megliodei classici incontri in libreria.
Una buona idea, se se ne ha la possibilità e la volontà, potrebbe essere quella di affidarsi a un bravo social media manager freelance, per capire come raggiungere al meglio audience targettizzate e quali attività mettere in campo.
Il passaparola online ha un effetto moltiplicatore che nessun evento dal vivo può eguagliare.  

È importante anche farsi conoscere al pubblico interessato agli argomenti di cui scriviamo (senza, naturalmente, cercare di diventare per forza influencer o qualcuno che non si è), costruendo un’immagine coerente di sé sui propri social, siti o blog. Spesso, i lettori si avvicinano ai libri perché hanno iniziato a seguire prima l’autore.

Inoltre, gli appassionati che comprano e consigliano libri preferiscono scoprire le novità attraverso recensioni, classifiche e raccomandazioni online: una ragione in più per puntare su una strategia online, più che su una presentazione in presenza.

Un modello da ripensare

Tutto questo non significa demonizzare le presentazioni di libri, né affermare che non servano a nulla a prescindere.
Questo metodo di promozione mantiene un valore in contesti specifici e rimane una splendida occasione, per gli autori, di incontrare i lettori, raccontare la loro visione e soprattutto parlare di romanzi, di scrittura.
Non è un modello da eliminare, ma da ripensare.
Soprattutto per coinvolgere davvero le parti che, nell’organizzare la promozione di un libro, vengono spesso dimenticate: i lettori contemporanei.  
I libri meritano strategie promozionali all’avanguardia, sistemi nuovi, altri tipi di comunicazione.
Non rituali che sopravvivono per inerzia più che per utilità.

Hai domande o dubbi su questa o altre questioni editoriali?

Parliamone.